Oggi ho un appuntamento importante. Tra poco incontrerò il luogo che ha determinato le scelte che ho fatto negli ultimi cinque anni, quelle che mi hanno portato ad essere qui oggi. Sto parlando di Parga, un paesino sul mare sulla costa dell’Epiro. Non parlo di tutto il paese ma di una sua piccola caletta. Non conosco il suo nome e neppure so se ne ha uno ma anzi questa è l’occasione giusta per darglielo la chiamerò… porta girevole, quella porta che non fa nulla per tirarti dentro ma se tu vuoi entrare ti basta assecondarla.
Mi trovavo qui, i primi giorni di agosto del 2017. Ero venuto con la bicicletta e la tenda ed era l’ultimo giorno della mia vacanze di quell’estate. Allora facevo il manutentore in un albergo di Roma, il Mercure di via Reggio Calabria. Quella mattina quando poco dopo l’alba mi sono svegliato, la prima immagine che ho visto tirata giù la lampo della porta della tenda è stata questa: Sara che fumava con la sua tazza di caffè caldo che mi dava le spalle, era seduta sui ciottoli bianchi della spiaggia e guardava il mare. L’acqua era immobile e trasparente come una enorme lastra di vetro da cui uscivano alla destra di Sara alcuni grossi massi lisci e bianchi. Sono uscito di corsa dalla tenda e mi sono tuffato in quel cristallo liquido e fresco, ho fatto qualche bracciata e poi mi sono fermato. Voltandomi ho visto l’altra faccia del quadro, Sara di fronte alla sua sinistra i massi bianchi e l’acqua appena increspata disturbata dalla mia invadente nuotata. Ho gurdato per qualche attimo tutta questa bellezza e mi sono detto: Lunedi io sarò a Roma, al lavoro, traffico, smog, a combattere con lampadine fulminate, scarichi di bagni intasati, clienti derubati in metropolitana e gente insoddisfatta e lui, questo posto, sarà ancora qui, dipende solo da me stare qui o stare lì.
Ecco. Oggi, dopo cinque anni in cui sono accadute tantissime cose, non ultima la pandemia, sono tornato finalmente qui.
E cosa altro potrei dire se non: grazie a tutto l’universo ma anche e soprattutto grazie a me.
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